Rapporti tra DURC e concordato preventivo in continuità “in bianco”

Il DURC, o documento unico di regolarità contributiva, costituisce un’attestazione di preminente rilievo per le imprese impegnate negli appalti, soprattutto pubblici: basti pensare ai vincoli per la partecipazione alle gare di aggiudicazione di contratti d’appalto di lavori pubblici, alle limitazioni contrattuali nella fase esecutiva (ad es. sospensione dei pagamenti dei SAL in caso di DURC negativo), alle ulteriori conseguenze in materia di solidarietà patrimoniale tra committente, appaltatore e subappaltatore con riferimento ai trattamenti retributivi nonché ai contributi previdenziali e ai premi assicurativi che risultano dovuti con riferimento al periodo di esecuzione del contratto e, infine, alla possibilità di accesso alla legislazione di favore in materia agevolazioni fiscali e contributive.

L’essenzialità del DURC assume maggior peso nei riguardi confronti di un’impresa attraversata da un momento di crisi, che non è in grado di poter soddisfare tutti e integralmente i creditori “anteriori” e che decide di accedere ad una procedura di concordato o di ristrutturazione.

Uno dei principi cardine delle procedure concorsuali, infatti, è la c.d. par condicio creditorum, ossia la garanzia di parità di trattamento (secondo un principio di graduazione dei crediti più o meno assistiti da garanzie) di tutti i creditori dell’impresa.

Si pone, dunque, per l’impresa il problema di contemperare, da un lato, l’esigenza di ottenere il DURC, dall’altro non ledere l’eguaglianza del ceto creditorio durante la vigenza della procedura concorsuale.

Il problema si è posto soprattutto con riferimento agli istituti concorsuali del concordato prenotativo (detto anche “in bianco”), previsto dall’art. 161 comma 6° l.f. e del concordato in continuità, introdotto dall’art. 186 bis l.f., che secondo l’intento del legislatore sarebbero mirati a coadiuvare le imprese in crisi, mediante la continuità dell’attività d’azienda, al fine di scongiurarne il fallimento e l’estinzione a detrimento del tessuto produttivo.

Accanto alla normativa speciale concorsuale, si pone quella di rango secondario prevista dal decreto ministeriale del 24.10.2007 (in seguito sostituito da altro D.M. del 30.1.2015): stante la riscontrata difficile amalgama tra le due discipline in materia di regolarità contributiva ed effetti conseguenti l’apertura di procedure concorsuali, con l’atto di interpello n°41/2012 il Ministero del Lavoro faceva finalmente luce sulla questione, precisando che l’articolo 5 comma 2° lettera B del D.M. 24 ottobre 2007, prevedeva che la regolarità contributiva sussistesse anche in caso di sospensioni nei versamenti a seguito di disposizioni legislative.

Fra le ipotesi di sospensione ex lege vi rientra il principio del rispetto della par condicio creditorum, che vieta il pagamento stragiudiziale di crediti anteriori alla pubblicazione sul registro delle imprese del ricorso per concordato preventivo.

Dal momento in cui inizia la fase di concordato “in bianco”, invece, le disposizioni prevedono che tutti i crediti per atti “legalmente compiuti” che sorgono durante questa fase siano comunque prededucibili (cfr. art. 161 comma 7° ultimo periodo l.f.) e, quindi, occorre in qualche modo essere in regola nel pagamento dei debiti contributivi correnti, che maturano nel corso della procedura concordataria in continuità aziendale.

Come detto, con il decreto ministeriale emanato il 30.1.2015, è stata introdotta, all’art.5, una regolamentazione ad hoc per le procedure concorsuali: “in caso di concordato con continuità aziendale di cui all’art. 186 bis l.f., l’impresa si considera regolare nel periodo intercorrente tra la pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e il decreto di omologazione, a condizione che nel piano di cui all’art. 161 del medesimo regio decreto sia prevista l’integrale soddisfazione dei crediti dell’INPS, dell’INAIL e delle Casse edili e dei relativi accessori di legge”.

La norma, tuttavia, al di là dei propositi di aggiornare al nuovo istituto del concordato in continuità la regolamentazione della regolarità degli obblighi contributivi ante procedura, sembra aver complicato la situazione ingenerando un consistente contenzioso, soprattutto alla luce di una mancata unitarietà di condotta da parte degli uffici previdenziali a livello territoriale.

Da qui i problemi di cui si è detto: quale sorte tocca alle imprese nel caso di ricorsi per concordato prenotativi (“in bianco”), atteso che gli enti previdenziali e assistenziali – non essendoci ancora un piano e non potendo ancora sapere quale tipo di soddisfacimento quella proposta concordataria riserverà – possano opporsi al rilascio del DURC regolare?

Fortunatamente le aziende che hanno scelto di intraprendere la procedura di concordato prenotativo, anche in continuità d’impresa, hanno trovato una sponda favorevole nelle pronunce dei Tribunali del lavoro aditi – prevalentemente mediante le forme del ricorso di urgenza ex art. 700 c.p.c. – che hanno accolto le richieste di ordinare agli enti territoriali il rilascio di DURC positivi anche nel caso di concordato “in bianco” o con riserva, in quanto la mancanza del piano concordatario – contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta, come la mancanza di un piano che preveda inoltre l’integrale soddisfazione dei crediti Inps – non può considerarsi un ostacolo all’emissione del DURC.

La giurisprudenza di merito ha, dunque, inteso valorizzare lo spirito di favore delle norme concorsuali rispetto a quelle tracciate dal decreto ministeriale del 2015, così riconoscendo alle aziende l’ottenimento del DURC positivo, condizione praticamente imprescindibile al fine di non vanificare gli sforzi collegati alla richiesta di accesso al concordato in continuità, agevolando il tentativo delle aziende di tornare in bonis.

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